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      Il presente solo è ciò che sempre esiste, e incrollabile perdura. Mentre, guardato empiricamente, esso è quanto v'ha di più soggettivo, all'occhio metafisico, il quale guarda oltre le forme dell'intuizione empirica, si mostra come l'unico Permanente, il Nunc stans degli scolastici. Principio e fondamento del suo contenuto è la volontà di vivere, o la cosa in sé, – che siamo noi stessi. Ciò che sempre nasce e perisce, mentre o è già stato o sarà in futuro, appartiene al fenomeno come tale, in virtù delle forme di questo, che rendono possibile il cominciare e il finire. Bisogna dunque pensare: Quid fuit? Quod est. Quid erit? Quod fuit. E si prenda l'espressione nel senso preciso della parola, intendendo non già simile bensì idem. Imperocché alla volontà è certa la vita, alla vita il presente. Quindi può anche dire ognuno: «Io sono una volta per tutte signore del presente, e per tutta l'eternità questo mi accompagnerà come la mia ombra: perciò non mi maraviglia il come esso sia venuto fino a me, e come accada che ora ap punto sia qui». Possiamo paragonare il tempo a un cerchio che gira senza fine: la parte ognora discendente sarebbe il passato, quella sempre ascendente, il futuro: il punto in alto, indivisibile, che la tangente tocca, sarebbe il presente, che non ha estensione: come la tangente non ruota col cerchio, così non ruota il presente, il punto di contatto dell'oggetto, di cui è forma il tempo, col soggetto, che non ha forma, perché non appartiene al dominio conoscibile, bensì d'ogni conoscibile è condizione.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





Permanente Nunc Quid