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      Perciò finalmente nell'uomo soltanto è la decisione, e non il semplice desiderio, un valido segno del suo carattere, per lui stesso e per gli altri. Ma la risoluzione diventa certa, per lui stesso come per gli altri, solamente con l'azione. Il desiderio è semplice effetto necessario dell'impressione presente, sia per uno stimolo esterno, sia per una passeggera disposizione interiore; ed è quindi così immediatamente necessario e privo di riflessione come l'agir delle bestie: perciò esprime, a mo' di questo, il carattere della specie, e non l'individuale. Ossia mostra ciò che l'uomo in genere, e non l'individuo, che prova quel desiderio, sarebbe capace di fare. L'azione soltanto, come quella che già per essere un atto umano richiede sempre una certa riflessione, e perché l'uomo di regola è signore della propria ragione, e quindi è riflessivo, ossia si risolve secondo motivi astratti pensati, è l'espressione della massima intelligibile della sua condotta, il risultato del suo interno volere; e sta come una consonante della parola, che indica il suo carattere empirico, il quale a sua volta non è che l'espressione temporale del suo carattere intelligibile. Perciò in uno spirito sano gravano la coscienza solamente azioni, e non desiderii e pensieri. Imperocché solamente le nostre azioni ci tengono innanzi lo specchio della nostra volontà. L'azione più sopra accennata, punto meditata, ed effettivamente commessa nel cieco impeto, è in un certo modo un che di mezzo tra il semplice desiderio e la decisione: quindi essa mediante vero pentimento, ma che si mostri anche in azione, può come una linea mal disegnata venir soppressa nell'immagine della nostra volontà; la quale immagine è la nostra vita.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368