Pagina (197/368)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Intanto, dopo che ci si è fatta chiara, attraverso le presenti dimostrazioni, l'immutabilità del carattere empirico, in quanto essa è semplice manifestazione del carattere intelligibile posto fuori del tempo; e così pure la necessità, con cui le azioni procedono dall'incontro del carattere coi motivi: dobbiamo ora in primo luogo rimuovere una deduzione che molto facilmente se ne potrebbe trarre a favore delle nostre tendenze riprovevoli. Dovendosi considerare il nostro carattere come estrinsecazione temporale d'un atto di volontà posto fuori del tempo, e quindi indivisibile e immutabile, ossia di un carattere intelligibile, da cui immutabilmente è determinato e conformemente a cui s'esprime nel suo fenomeno (il carattere empirico) quanto v'ha d'essenziale nella nostra condotta, ossia il contenuto empirico di essa; mentre l'inessenziale di codesto fenomeno, l'esterno atteggiamento della nostra vita, dipende dalle forme in cui si presentano i motivi; si potrebbe concluderne, che sia fatica vana il lavorare a un miglioramento del proprio carattere, o il resistere alla forza delle cattive tendenze: tal che meglio sarebbe sottomettersi all'ineluttabile, e immediatamente cedere a ogni inclinazione, sia pur malvagia. Ma le cose stanno a questo proposito come stanno per la teoria dell'ineluttabile destino e della conseguenza derivatane, detta ????? ?????, e a' nostri giorni fatalismo musulmano: la cui refutazione, quale si attribuisce a Crisippo, è esposta da Cicerone nel libro de fato, capp.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





Crisippo Cicerone