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      12, 13.
      Che sebbene tutto si possa considerar come irrevocabilmente predeterminato dal destino, ciò non accade se non mediante la concatenazione delle cause. In nessun caso può esser destinato, che si abbia un effetto senza la sua causa. Non è già predeterminato, adunque, un fatto qualsiasi senz'altro: ma come effetto di cause preesistenti; non l'effetto solo, cioè, ma anche i mezzi, cui esso dovrà succedere come risultato, per disposizione del destino. Mancando i mezzi, manca sicuramente anche il risultato: questo e quelli sempre secondo la determinazione del destino, che tuttavia noi veniamo a conoscere solo dopo l'evento. Come gli eventi saranno sempre conformi al destino, ossia all'infinita concatenazione delle cause, così saranno le nostre azioni conformi sempre al nostro carattere intelligibile; ma, come non abbiamo cognizione anticipata di quello, così non ci è dato di guardare a priori dentro di questo; bensì unicamente a posteriori, con l'esperienza, veniamo a conoscere tanto gli altri quanto noi stessi. Se il nostro carattere intelligibile comporta, che noi prendiamo una buona risoluzione solo dopo lunga lotta contro un'inclinazione cattiva, bisogna che questa lotta preceda e che se ne attenda la fine. La riflessione sull'immutabilità del carattere, sull'unità della sorgente, da cui derivano tutte le nostre azioni, non ha potere d'indurci a precorrere, a favor dell'una o dell'altra parte, la decisione voluta dal carattere: solo a decisione presa, potremo vedere di qual fatta noi siamo, e specchiarci nelle nostre azioni.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368