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      E viceversa l'eccellenza in ogni genere è sempre un'eccezione, un caso tra milioni; sì che, quando s'è manifestata in un'opera durevole, questa, dopo esser sopravvissuta al rancore dei suoi contemporanei, rimane isolata, e la si conserva come un aerolite, caduto da un ordine di cose diverso da quello che qui regna. Per ciò che tocca poi la vita individuale, ogni storia di vita è una storia di dolore; che ogni corso vitale è, di regola, una prolungata serie di grandi e piccole sventure, che ciascuno cela del suo meglio, perché sa come altri raramente ne proverebbero simpatia o compassione, bensì quasi sempre soddisfazione, vedendo un'immagine delle pene da cui sono essi in quel momento immuni. E forse non si darà mai il caso che un uomo, al termine della sua vita, se capace di riflessione e in pari tempo sincero, desideri di ricominciarla; ma invece ben più volentieri sceglierà il completo non essere. Il contenuto essenziale del celeberrimo monologo nell'Amleto è, ridotto in breve, questo: il nostro stato è così miserabile, che un completo non essere dovrebbe senz'altro essergli preferito. Ora, se il suicidio ci portasse veramente al non essere, sì che l'alternativa «essere o non essere» ci stesse innanzi nel pieno significato della parola, sarebbe assolutamente da scegliere, come una desiderabilissima conclusione (a consummation devoutly to be wish'd). Ma in noi è qualcosa, che ci dice, non stare il fatto così; tutto non sarebbe finito, la morte non è un assoluto annientamento.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





Amleto