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      Subito dopo viene l'assassinio: al cui compimento segue perciò il rimorso, del quale abbiamo indicata or ora in maniera astratta e arida la significazione, immediatamente, con terribile evidenza; ed alla pace dello spirito reca un colpo insanabile per la vita intera; essendo il nostro orrore per l'assassinio commesso, com'anche il nostro arretrarci davanti all'assassinio da commettere, prodotto dallo sconfinato attaccamento alla vita, che penetra ogni essere vivente, appunto in quanto è fenomeno della volontà di vivere (del resto, quel sentimento che accompagna l'atto dell'ingiustizia e del male analizzeremo in seguito più distesamente, e innalzeremo alla limpidità del concetto). Sostanzialmente identica all'assassinio, e sol per grado diversa, è da considerarsi la consapevole mutilazione, o anche semplice lesione del corpo altrui, o addirittura ogni colpo infertogli. Inoltre si manifesta l'ingiustizia nella sottomissione dell'altrui individuo, nel costringerlo a schiavitù; e finalmente nell'attacco contro l'altrui proprietà; il quale, ove la proprietà stessa si consideri come frutto del lavoro dell'aggredito, è in sostanza identico al ridurre a schiavitù. La spoliazione sta alla schiavitù, come la semplice ferita sta all'assassinio.
      Imperocché proprietà, la quale non si strappi all'uomo senza ingiustizia, può, secondo la nostra spiegazione dell'ingiustizia, esser soltanto quella che l'uomo ha conquistata con le proprie forze: strappandogliela, veniamo a sottrarre le forze del suo corpo alla volontà in codesto corpo oggettivata, per farle servire alla volontà oggettivata in un altro corpo.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368