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      A chi su esso unicamente s'appoggia potrebbe il nuovo venuto opporre con molto miglior diritto: «Appunto perché tu già sì a lungo ne hai goduto, è giusto che ora anche altri ne godano». Di ogni cosa, che non si presti a lavoro alcuno, sia per miglioramento, sia per difesa contro i rischi, non può aversi esclusivo possesso moralmente fondato, se non mediante volontaria cessione da parte di tutti gli altri, o come ricompensa di servigi altrimenti prestati; il che già presuppone una comunità governata da convenzioni, ossia lo Stato. Il diritto di possesso moralmente fondato, quale s'è dedotto più sopra, dà per sua natura al possessore un diritto sulla cosa posseduta altrettanto illimitato, quanto è quello ch'egli ha sul proprio corpo; ne viene, ch'egli può trasmettere il suo possesso, per mezzo di cambio o donazione, ad altri; i quali allora posseggono l'oggetto col suo medesimo diritto morale.
      Venendo a ciò che concerne in genere l'attuazione dell'ingiustizia, questa può farsi mediante violenza, o mediante insidia; che, dal punto di vista morale, sostanzialmente sono la stessa cosa. In primo luogo è nell'assassinio moralmente tutt'uno, se io mi servo del pugnale o del veleno; e così in ogni lesione corporale. I rimanenti casi di ingiustizia si posson tutti ridurre al fatto che io, con l'attuar l'ingiustizia, obbligo l'individuo estraneo a servir la mia volontà, in luogo della sua; ad agir secondo la mia, e non secondo la sua. Tenendo la via della violenza, conseguo questo risultato mediante causalità fisica; tenendo la via dell'insidia, lo conseguo invece mediante motivazione, ossia causalità procurata dalla conoscenza; col porre innanzi alla volontà altrui motivi illusori, in virtù dei quali l'individuo ingannato, credendo di seguir la volontà sua, segue la mia.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





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