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      Quindi lo Stato non vieterà ad alcuno di meditar permanentemente violenza omicida o veleno a danno altrui, non appena sia persuaso che il timore della pena capitale e della tortura arresteranno sempre gli effetti di quell'intenzione. E lo Stato non ha pur minimamente il folle proposito di distruggere l'inclinazione all'ingiustizia, la malvagia intenzione; bensì ad ogni possibile impulso verso il compimento di un torto vuol porre accanto una prevalente ragione di non commetterlo, la qual consiste nell'ineluttabile punizione: perciò è il codice penale un elenco, il più possibile completo, di contromotivi opposti a tutte le azioni delittuose presupposte come possibili. La scienza statale, o legislazione, per questo suo fine torrà a prestito dalla morale il capitolo, che costituisce la filosofia del diritto, e che oltre a dar l'intimo significato del giusto e dell'ingiusto ne determina i netti confini; ma esclusivamente per adoprarne il rovescio, e tutti quei termini, che la morale pone come insormontabili da chi non voglia commettere ingiustizia, considerar sotto l'aspetto opposto: come termini, il cui valicamento da parte d'altri non va tollerato, se non si vuol patire ingiustizia, e da cui s'ha il diritto di respingere altrui. Tali termini vengono così sotto codesto rispetto, fin dove si può passivo, barricati dalle leggi. Ne risulta che, come molto argutamente lo storico fu definito un profeta a rovescio, così è un moralista a rovescio il giurista; e quindi anche la scienza del diritto in senso proprio, ossia la dottrina dei diritti, che si possono affermare, è una morale a rovescio nel capitolo, in cui questa insegna i diritti che non si possono violare.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





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