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      Ma invece ogni cittadino dello Stato vorrebbe in ciò assumere la parte passiva, e nessuno l'attiva; e quest'ultima per nessun motivo si potrebbe pretenderla dall'uno piuttosto che dagli altri. Perciò si può imporre il negativo soltanto, che appunto costituisce il diritto, e non il positivo, che va sotto il nome di doveri d'amore, o doveri imperfetti.
      La legislazione toglie a prestito, come s'è detto, la dottrina pura del diritto, ossia dottrina intorno all'essenza ed ai limiti del diritto e del torto, dalla morale, per adoprarla capovolta secondo i fini proprii, che alla morale sono estranei, e su questa base stabilire la legislazione positiva coi mezzi per sostenerla, ossia lo Stato. La legislazione positiva è adunque la dottrina morale del diritto puro, applicata a rovescio. Quest'applicazione può accadere con riguardo alle speciali condizioni e circostanze di un determinato popolo. Ma sol quando la legislazione positiva nella sostanza è costantemente guidata dal principio del diritto puro, ed ogni sua sanzione ha nella dottrina del diritto puro la propria base, può dirsi che codesta legislazione siffattamente formata sia davvero un diritto positivo, e lo Stato un'associazione giuridica: Stato nel vero senso della parola, istituzione moralmente ammissibile, e non immorale. In caso contrario la legislazione positiva è viceversa il fondamento di una positiva ingiustizia, è essa medesima un'ingiustizia imposta, pubblicamente ammessa. Di tal fatta è ogni dispotismo, e la costituzione della più parte degli Stati musulmani; di tal natura sono perfino talune parti di molte costituzioni, come per esempio la schiavitù, il lavoro obbligato, e così via.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





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