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      Kant gettò la falsissima affermazione, che fuori dello Stato non esista alcun diritto perfetto di proprietà. Secondo la deduzione fatta più sopra, esiste invece proprietà anche nello stato di natura, con pieni diritti naturali, ossia morali; la quale non può senza ingiustizia venire offesa, e senza ingiustizia può esser difesa fino all'estremo. Invece è certo, che fuori dello Stato non c'è diritto di pena. Ogni diritto di punire è fondato unicamente sulla legge positiva, la quale prima dell'atto compiuto ha sancito per questo una pena; la cui minaccia, come contromotivo, dovrebbe prevaler su tutti gli eventuali motivi di quell'atto. Codesta legge positiva si deve considerare come sanzionata e riconosciuta da tutti i cittadini dello Stato. Si fonda dunque sopra un patto comune, al cui adempimento in ogni circostanza, ossia all'esecuzione della pena da una parte e al sofferimento di essa dall'altra, i membri dello Stato sono vincolati: perciò la pena può con diritto venire imposta. Conseguentemente l'immediato fine della pena nel singolo caso è adempimento della legge come d'un contratto. Ma scopo unico della legge è il trattenere, col timore, dalla violazione degli altrui diritti: poi che appunto, perché ciascuno sia protetto contro l'ingiustizia, ci si è riuniti nello Stato, i pesi del suo mantenimento assumendo su di sé. La legge adunque e la sua esecuzione, la pena, sono essenzialmente rivolte al futuro, non al passato. Ciò distingue pena da vendetta, la quale ultima è motivata esclusivamente dal fatto accaduto, ossia dal passato, in quanto tale.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





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