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      Allora si domanda: dov'è la compensazione? Ed egli medesimo, nel violento impulso della volontà, che è sua origine e sua essenza, si aggrappa ai piaceri e ai godimenti della vita, vi si tiene fortemente stretto, non sapendo, che appunto per questo atto della sua volontà egli afferra e stringe a sé tutti quei dolori e tormenti della vita, alla cui vista rabbrividisce. Vede la sofferenza, vede la malvagità nel mondo: ma lungi dal riconoscere, che entrambe non sono se non diverse facce del fenomeno dell'unica volontà di vivere, le crede molto diverse, anzi addirittura opposte, e cerca spesso mediante la malvagità, ossia cagionando il male altrui, di sfuggire al dolore, alla sofferenza del proprio individuo, circoscritto nel principio individuationis, ingannato dal velo di Maja. Imperocché, come sull'infuriante mare che, per tutti i lati infinito, ululando montagne d'acqua innalza e precipita, siede in barca il navigante e sé affida al debole naviglio; così siede tranquillo, in mezzo a un mondo pieno di tormenti, il singolo uomo, poggiandosi fidente sul principio individuationis, ossia sul modo onde l'individuo conosce le cose, in quanto fenomeno. Lo scofinato mondo, pieno di mali ovunque, nell'infinito passato, nell'infinito futuro, è a lui straniero, anzi è a lui come una fiaba: la sua infinitesima persona, il suo presente privo d'estensione, il suo momentaneo benessere hanno soli realtà ai suoi occhi; e per conservarli fa di tutto, fin quando una miglior conoscenza non gl'illumini la vista.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





Maja