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      Il surrogato era sufficiente come regola per l'azione, rendendo afferrabile mediante rappresentazione figurata il valore etico di quella, pur nella forma di conoscenza regolata dal principio di ragione, che a tal valore rimane eternamente straniera. E codesto è lo scopo di tutte le dottrine religiose, essendo esse in genere rivestimenti mitici delle verità impenetrabili dalla rozza mente umana. Quel mito si potrebbe in questo senso chiamare, nel linguaggio di Kant, un postulato della ragion pratica: ma come tale considerato ha il grande vantaggio di non contenere nessun elemento, che non ci stia davanti agli occhi nel dominio della realtà, e quindi può tutti i suoi concetti documentare con intuizioni. Il mito, a cui alludo, è quello della migrazione delle anime. Esso insegna, come tutti i dolori, che nella vita s'infliggono ad altri esseri, in una vita successiva su questo stesso mondo devono essere scontati precisamente coi medesimi dolori; e ciò va tanto lontano, che chi uccide anche un semplice animale, rinascerà un giorno nel tempo infinito con la forma di codesto animale e subirà la stessa morte. Insegna, che cattiva condotta trae con sé una futura vita, in questo mondo, in forma d'esseri miseri e spregiati; che si rinascerà quindi in caste inferiori, o donna, o animale, o Paria, o Ciandala, o lebbroso, o coccodrillo e così via. Tutti gli affanni che il mito minaccia, documenta con intuizioni tratte dalla vita reale, mediante creature dolorose, le quali neppur sanno come abbiano meritata la lor pena; e non gli abbisogna di prender per appoggio nessun altro inferno.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





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