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      Ora, di qui ebbero origine i sistemi etici, tanto filosofici quanto religiosi. Gli uni e gli altri cercan sempre di collegare in qualche modo la felicità con la virtù; i primi, o in virtù del principio di contraddizione, o anche in virtù del principio di ragione, ma sempre sofisticamente; gli ultimi invece affermando l'esistenza d'altri mondi da quello che può esser conosciuto dall'esperienza55.
      Viceversa per l'indagine nostra l'intima essenza della virtù si rivelerà come una tendenza in direzione affatto opposta a quella che conduce alla felicità, ossia al benessere e alla vita.
      In virtù di quanto fu detto più sopra, il buono è, considerato nel suo concetto, ??? ???? ??,sia è ogni cosa buona essenzialmente relativa, avendo la sua essenza sol nel suo rapporto con una volontà in atto. Bene assoluto è quindi una contraddizione: sommo bene, summum bonum, significa ancora lo stesso, cioè propriamente il finale appagarsi della volontà, dopo il quale nessun volere nuovo subentri: un ultimo motivo, il cui raggiungimento produca una indistruttibile soddisfazione della volontà. Per le considerazioni fatte finora in questo quarto libro, un tal bene non si può concepire. La volontà non può per qualsivoglia appagamento cessar di ricominciare ognora a volere, più di quanto possa il tempo cominciare o finire: una durevole soddisfazione, che appaghi appieno e per sempre la sua sete, non esiste per lei. Ella è la botte delle Danaidi: non v'ha per lei alcun sommo bene, alcun bene assoluto, bensì ognora appena un bene provvisorio.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





Danaidi