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      Questa vita appunto, di cui egli vede la faccia orrenda nell'angoscia di chi è da lui oppresso; e con la quale è nondimeno così strettamente avvinto, che perciò appunto il più tristo orrore proviene da lui medesimo, qual mezzo per la compiuta affermazione della sua propria volontà. Egli si riconosce come concentrato fenomeno della volontà di vivere, sente fino a qual punto ei sia in potere della vita, e quindi anche degli innumerabili dolori, che a questa sono essenziali, avendo essa infinito tempo e infinito spazio per cancellare il divario tra possibilità e realtà, e tutti i mali da lui per ora sol conosciuti convertire in mali provati. I milioni d'anni delle continue rinascite sussistono in verità soltanto nel concetto, come soltanto nel concetto esistono tutto il passato ed il futuro: il tempo realmente pieno, la forma del fenomeno della volontà è solo il presente, e per l'individuo è il tempo ognora nuovo: egli si ritrova sempre come nato allora. Imperocché dalla volontà di vivere è inseparabile la vita, e sua unica forma è l'adesso. La morte (mi si scusi la ripetizione del paragone) somiglia al tramonto del sole, il quale solo in apparenza viene inghiottitodalla notte, mentre in realtà, esso ch'è sorgente unica d'ogni luce, senza interruzione arde, a nuovi mondi reca nuovi giorni, in ogni attimo si leva e in ogni attimo tramonta. Principio e fine toccano solo all'individuo, per mezzo del tempo, forma del fenomeno individuale per la rappresentazione. Fuori del tempo non è che la volontà, la cosa in sé di Kant, e la sua adeguata oggettità, ossia l'idea di Platone.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





Kant Platone