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      Così periva Socrate, così Giordano Bruno, così trovarono tanti eroi della verità la morte sul rogo, tra le mani dei preti.
      Ma riguardo al paradosso più sopra formulato ho da rammentare, che noi già per l'addietro trovammo essere inerente alla vita, nel suo complesso, il dolore, e dalla vita inseparabile. Vedemmo pure, come ogni desiderio nasca da un bisogno, da una mancanza, da una sofferenza; che quindi ogni appagamento è appena un dolore tolto di mezzo, e non già un piacere positivo; che le gioie appariscono menzogneramente al desiderio come un bene positivo, mentre in verità non sono che negative, quali cessazioni d'un male. Quel che adunque bontà, amore e nobiltà posson fare per altri, è sempre nient'altro che lenimento dei loro mali; e quel che per conseguenza può muoverle alle buone azioni e opere dell'amore, è sempre soltanto la conoscenza dell'altrui dolore, fatto comprensibile attraverso il dolore proprio, e messo a pari di questo. Ma da ciò risulta che il puro amore (?????, caritas) è, per sua natura, compassione, sia pur grande o piccolo (è tra questi ogni desiderio inappagato) il dolore ch'esso lenisce. In diretto contrasto con Kant, il quale ogni vera bontà e ogni virtù ammette come tali sol quando siano originate dalla riflessione astratta, e precisamente dal concetto del dovere e dell'imprativo categorico, mentre dichiara debolezza, e non virtù, la compassione provata, non esiteremo a dire: il puro concetto è per la virtù genuina tanto infecondo, quanto per la genuina arte: ogni vero e puro amore è compassione, e ogni amore che non sia compassione è egoismo.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





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