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      Come mortifica la volontà, così mortifica la sua forma visibile, l'oggettità di lei: il corpo. Scarsamente lo nutre, affinchè il suo rigoglioso fiorire e prosperare non torni a far più viva e forte la volontà, di cui esso è semplice espressione e specchio. Similmente pratica il digiuno, anzi la macerazione, l'autoflagellazione, per sempre più uccidere mediante perenne privazione e sofferenza la volontà, ch'egli conosce ed aborrisce qual sorgente del proprio doloroso essere come di quello del mondo. Viene finalmente la morte, a disciogliere questo fenomeno di quella volontà, la cui essenza qui, già da gran tempo, per libera negazione di se medesima, fuori del fioco resto che ne appariva in mantener vita al corpo, era spenta. E la morte, come invocata redenzione, è altamente ben venuta, e lietamente viene accolta. Con lei non termina in questo caso, com'è per gli altri, il solo fenomeno; bensì l'essenza medesima è soppressa, la quale qui ancor soltanto nel fenomeno, e per suo mezzo, aveva una pallida vita60: ultimo fragile vincolo, ora anch'esso spezzato. Per quegli, che così finisce, è il mondo insieme finito.
      E ciò, ch'io qui con debole lingua e solo in termini generali ho descritto, non è per avventura una fiaba filosofica di mia invenzione, e che solo da oggi duri: no, era invece l'invidiabile vita di numerosi santi e di belle anime tra i Cristiani, e ancor più tra gli hindù e i Buddhisti, e pure in altre confessioni. Per quanto fossero diversi i dogmi impressi nella loro ragione, nell'identica guisa venne tuttavia ad attuarsi, mediante il modo di vivere, l'intima, diretta, immediata conoscenza, da cui esclusivamente può procedere ogni virtù e santità. Imperocché anche qui si mostra il grande divario tra la conoscenza intuitiva e l'astratta, finora troppo poco osservato, ma in tutto il nostro sistema così importante e penetrante in ogni dove.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





Cristiani Buddhisti