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      La storia del mondo tacerà invero sempre, e deve tacere, degli uomini la cui condotta è la migliore, l'unica soddisfacente illustrazione di questo punto essenziale della nostra indagine. Perché la materia della storia del mondo è tutt'altra, anzi è l'opposto: non è il negare, il rinunciare della volontà di vivere, ma è per l'appunto l'affermarla, il rilevarsi di lei in individui innumerabili. E quivi, in codesto affermarsi, apparisce con tutta chiarezza, al vertice supremo della sua oggettivazione, il suo dissidio interiore; ponendoci davanti agli occhi ora la prevalenza del singolo mediante l'intelligenza, ora la violenza della folla mediante la massa, ora il potere del caso personificato nel destino, ma sempre la caducità e nullità di tutti i desideri. Ma noi, che non dobbiamo qui seguire nel tempo il filo dei fenomeni, bensì come filosofi abbiam da investigare il valore etico delle azioni, e di questo il criterio unico per misurare quanto è per noi significativo e importante, noi non tratterrà nessun timore della volgarità e della scipitaggine raccolte in perpetua maggioranza, dal proclamare che il più alto, il più importante, il più significativo fenomeno, che il mondo possa mostrare, non è chi il mondo conquista, ma chi il mondo supera. Ossia è in verità la silenziosa, inosservata condotta di un uomo, al quale sia venuta tal conoscenza, che per effetto di lei egli getti via da sé e rinneghi quell'avida volontà di vivere, che tutto riempie e in tutto si agita. Solo in lui la volontà apparisce allora libera: ma la sua condotta diviene opposta alla condotta comune.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368