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      Per il filosofo sono adunque sotto questo riguardo incomparabilmente più istruttive e importanti, quanto riguardo alla significazione del contenuto, le biografie di santi uomini, per male che sian scritte di solito, e presentate con un misto di superstizione e di stoltezza, che non siano Plutarco e Livio.
      Alla migliore e più compiuta conoscenza di quel che noi, nell'astrazione e nell'universalità del nostro modo d'esporre, chiamiamo negazione della volontà di vivere, molto contribuirà, inoltre, lo studio delle massime etiche le quali in questo senso furon date da uomini pieni di cotale spirito. Esse ci mostreranno insieme, come antica sia la nostra concezione, per quanto nuova possa essere la sua formula filosofica. Più dappresso a noi sta il cristianesimo, la cui etica è tutta animata da quello spirito, e non solo conduce al più alto grado dell'amore verso il prossimo, ma anche alla rinunzia. Quest'ultima è già ben visibile in germe negli scritti degli Apostoli, ma tuttavia solo più tardi si sviluppa appieno e viene explicite enunciata. Troviamo che gli Apostoli prescrivono: amor del prossimo eguale all'amor di sé; carità, amore e benevolenza in cambio di odio; pazienza, mitezza, sopportazione d'ogni possibile offesa senza opporvisi: sobrietà nel cibo per mortificare il piacere; resistenza all'istinto sessuale, ove sia possibile, completa. Vediamo qui già i primi gradi dell'ascesi, o propriamente negazione della volontà. E questa nostra espressione indica proprio ciò che negli Evangeli si chiama rinnegar se medesimo e prender su di sé la croce (Math.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





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