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      E a codeste regole, la cui origine risale indietro di quattro millenni, s'informa oggi ancora la vita di quel popolo, per quanto in molte cose degenerato; taluni le seguono addirittura fino agli ultimi eccessi62. Ora, quel che sì a lungo, in un popolo comprendente tanti milioni d'uomini, è stato praticato, sebbene imponga i più gravi sacrifici, non può essere un'ubbia inventata a capriccio, ma deve avere il suo fondamento nell'essenza dell'umanità. A ciò si aggiunga, che non ci si meraviglierà mai abbastanza della somiglianza uniforme, che si trova quando si legge la vita di un penitente o santo cristiano, e quella di un indiano. Con dogmi, costumi e luoghi sì fondamentalmente diversi, affatto identica è l'aspirazione e l'interna vita di entrambi. Lo stesso si dica per le loro prescrizioni. Per esempio, Tauler parla dell'assoluta povertà, che bisogna ricercare, e che consiste nel disfarsi appieno di tutto ciò da cui potrebbe trarsi un conforto o una soddisfazione terrena: evidentemente, perché tutto ciò da sempre nuovo alimento alla volontà, che si mira invece a spegnere del tutto. Ora, come analogia indiana troviamo nelle regole del Fo raccomandato al
      Saniassi, il quale non deve aver domicilio né proprietà alcuna, di non adagiarsi, per di più, troppo sovente sotto lo stesso albero, affinchè non abbia a concepire per quest'albero qualche preferenza o inclinazione. I mistici cristiani e i maestri della filosofia Vedanta s'incontrano anche nel considerar superflue tutte le opere esteriori e pratiche religiose, per colui che abbia raggiunto lo stato perfetto.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





Tauler Vedanta