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      Il processo di questa è lo stato di rassegnazione sopra descritto, l'incrollabile amore, che tale rassegnazione accompagna, e la suprema letizia nella morte65.
      § 69.
      Da questa negazione della volontà di vivere, oramai sufficientemente esposta nei limiti del nostro studio; negazione, che è l'unico atto di libertà possibile al fenomeno, e costituisce quindi, come Asmus la chiama, la metamorfosi trascendentale, nulla si discosta tanto come l'effettiva soppressione del proprio singolo fenomeno: il suicidio. Lungi dall'esser negazione della volontà, esso è invece un atto di forte affermazione della volontà stessa. Imperocché la negazione ha la sua essenza nell'aborrire non già i mali, bensì i beni della vita. Il suicida vuole la vita, ed è solo malcontento delle condizioni che gli sono toccate. Egli non rigetta perciò in nulla la volontà di vivere, ma soltanto la vita, distruggendone il singolo fenomeno. Vuole la vita, vuole la libera esistenza ed affermazione del corpo; ma ciò non gli è consentito dall'intreccio delle circostanze, e gliene viene un grande dolore. La volontà di vivere viene a trovarsi in questo singolo fenomeno tanto compromessa, da non poter più svolgere la propria tendenza. Allora essa prende una risoluzione conforme alla propria essenza in sé; la quale sta fuor delle forme del principio di ragione, e tiene quindi per indifferente ogni isolato fenomeno, essendo ella medesima intangibile da nascita e da morte, e costituendo l'intimo della vita di tutte le cose. Quella medesima salda, profonda certezza, la quale fa sì che noi tutti viviamo senza il continuo terror della morte, ossia la certezza che alla volontà non verrà mai meno il suo fenomeno, sorregge anche il gesto del suicida.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





Asmus