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      La volontà di vivere si palesa dunque altrettanto nel suicidio (Shiva), quanto nel benessere della propria conservazione (Visnù) e nella voluttà della generazione (Brahma). Questo è il significato profondo dell'unità della Trimurti, la quale è tutta in ciascun uomo sebbene ella nel tempo alzi ora l'una, ora l'altra delle sue tre teste. Come l'oggetto singolo sta all'idea, così sta il suicidio alla negazione della volontà: il suicida nega soltanto l'individuo, non la specie. Già vedemmo che, essendo alla volontà di vivere sicura sempre la vita, ed essenziale alla vita il dolore, il suicidio o arbitraria distruzione di un fenomeno isolato è azione in tutto vana e stolta: che sopprimendo il fenomeno rimane intatta la cosa in sé, come sussiste l'arcobaleno, per veloci che si succedano le gocce le quali nell'attimo lo sostengono. Quell'azione è inoltre il capolavoro della Maja, essendo la più clamorosa espressione del contrasto della volontà di vivere con se stessa. Come già osservammo, tale contrasto nei fenomeni più bassi della volontà, nella lotta permanente combattuta da tutte le manifestazioni delle forze naturali e da tutti gl'individui organici per la materia, per il tempo e per lo spazio; e come quel contrasto vedemmo sempre più visibile apparire, con tremenda evidenza, nei gradi dell'oggettivazione della volontà man mano più alti; così finalmente raggiunge nel grado supremo, ch'è l'idea dell'uomo, questo vertice, in cui non soltanto gl'individui rappresentanti della stessa idea si distruggono l'un l'altro, ma addirittura l'individuo dichiara guerra a se medesimo.


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Il mondo come volontà e rappresentazione
Tomo II
di Arthur Schopenhauer
pagine 368

   





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