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      Pure parvemi leggiadra la spezie fitta nel cervello di coloro, che "Haec referunt, aut ad Mundi animam, aut universe ad Naturam, quae cum eadem ubique sit, et rerum omnium, quas ubique contineat, lapides efformat ex succo idoneo in medys continentibus referenteis externa specie conchas, et pisceis, quas procreare eadem solet in medio, ac dissito mari"(5). Ma non da seguirsi, parendomi un'opinione negata da infinite evidenze e che sia impossibile che non fosse stata sferzata da molti Autori. Non m'ingannai, perciocché fermandomi nel volerne sapere il sentimento di qualche grave Scrittore, mi venne fatto nello strapazzar qualche libro. M'incontrai in Francesco Calceolario, che sopra della materia giudiciosamente discorre, e parvemi alla prima d'avere dalla mia uno Scrittore di soda autorità, anzi autorevolissimo, perché accompagnato dal famoso tra' letterati Fracastoro, che "Se dicebat existimare haec", cioè i corpi pietrificati de' quali discorriamo, "olim vera animantia fuisse, illuc iactata à mari, et in mari enata"(6). Di non dissimile parere riconobbi l'eruditissimo Simone Maiolo. "Quod vero" egli scrive "intra lapides, saxave comperiantur conchilia, animantiumque ossa, non adeo admirandum putarim; quandoquidem ex diluvio generali, aut etiam alio casu defossa illa ossa terrae visceribus diuturnitate temporis concreta, solidataque humo ipsa ibi servata sunt. Reperiuntur huiusmodi in pago Zichen apud traiectum ad Mosam, ut tradit Giorgius Bruin, in Traiecto ad Mosam"(7). L'istesso vien confermato dal virtuoso candidissimo Ludovico Moscardo, il quale dopo di portare in disegno molti animali pietrificati osserva "varie spezie di pesci, come Orada, Anguille ed altri, li quali sono induriti in una sorte di pietra sfogliosa, che aprendosi quelli sfogli, il pesce sempre resta la metà ad una parte e l'altra metà attaccata all'altra, dove a questo modo restando sfesso il pesce, per lo mezzo sì veggono" (si noti) "tutte le spine dalla testa fino alla coda"(8). Io non la finirei mai più, se trascriver volessi i luoghi de gli Autori che a mio modo l'intesero.


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La vana speculazione disingannata dal senso
di Agostino Scilla
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