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      Stimai di non commettere peccato di presunzione non rimettermi alle stravaganze ed opinioni d'alcuni pochissimi, avendo dalla mia il Gran Giustiniano, il quale determina (se pure non avessi autorità di gravissimi Scrittori) che "plus valet, quod in veritate est, quam quod in opinione".
      S'adorni d'opinioni (tra me stesso conchiusi) cotanto bizzarre chi ha pensiero di far credere al Mondo ch'egli sia di fatta superiore a gli altri huomini, ch'io, benché ignorante e Pittore, veggo naturalissimo il ritratto d'ogni antico filosofo nella figura miserabile di Fetonte, il quale osò con mano d'huomo trattare le redine proporzionate al potere ed attività del Padre Iddio. Ebbi nell'animo (per passare oltre più disbrigato nella confessione de' miei errori) che la maggiore filosofia fosse quella che conosce la gran disparità che vi è tra quel che pensano gli huomini a quel ch'abbia saputo operare la Natura circa il principio delle cose; e solo stimai sapiente quell'huomo che sia arrivato a conoscere la propria ignoranza: perché la vera ignoranza senza dubbio è quella che permette lo immaginarci de gli spropositi ed ostinarci allora, quando alla natura non piace d'aprirci il seno e farci con evidenza capaci delle sue operazioni.
      Conchiudiamola; ebbi per certo che fossimo provveduti d'intelletto, per potere con umiltà ammirare la possanza del Creatore e per conoscere e discorrere che non sia lecito andare avanti le mete d'una cognizione misurata col palmo, che la qualità de' nostri sensi ci permette non già per impazzire fino ad un tale segno, che alle volte sdegnassimo sentire, che il nostro si è un sapere limitato, ed una speculazione cieca e difettuosa.


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La vana speculazione disingannata dal senso
di Agostino Scilla
pagine 122

   





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