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      La saviezza senza la pazzia sterilisce l’anima, ed è come il sole senza la rugiada della notte. E poi avete a sapere che a quegli anni la bacchettoneria era un andazzo; il governo voleva che gli uomini pensassero all’anima e non s’impicciassero delle faccende del mondo, e chi non diceva i fatti suoi ad un confessore doveva dirli ad un commessario di polizia che te lo tappava in prigione. I colli torti stavano nei più alti posti: ed io vedevo con gli occhi miei l’intendente della provincia, il marchese di SantAgapito, ogni mattina in chiesa servire a messa come un sacristano; ed ogni domenica radunava tutti i suoi impiegati, se li menava dietro come pecori, e tutti in chiesa a cantare l’ufficio della Vergine, udire un paio di messe ed una predica: e guai a chi mancava! Mi pare ancora di vederlo quel figuro d’intendente con tanto di bocca spalancata cantare salmi e volgersi intorno, e farsi crocioni con la mano che parea giuocasse di spadone.
      Io dunque seguitavo ad udir prediche e orazioni, ma gli occhi di quella fanciulla mi dicevano qualche altra cosa, dentro di me sentivo un’altra voce, i libri che leggevo mi svelavano un mondo nuovo. E mio padre con savie parole, col suo esempio, e con buoni libri che mi dava a leggere mi andava sfratando interamente. Egli aveva alcuni giornali forestieri, e leggeva e mi spiegava quei nobilissimi fatti che allora avvenivano in Grecia, e mi diceva: “Lì c’è uomini. Dimmi, vorresti esser frate, e non un Marco Bozzari? Non è morto egli glorioso martire di Cristo e della patria?


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Ricordanze della mia vita
Volume Primo
di Luigi Settembrini
pagine 271

   





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