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      Ci era un altro idolo per la moltitudine. Fino allora era stato peccato mortale il pur nominare Napoleone, e di soppiatto girava un libretto intitolato Il prigioniero di SantElena, e di rincontro al frontespizio era un paesaggio, e tra due alberi lo spazio bianco figurava il ritratto di Napoleone, che a prima vista non si discerneva. Allora fu tolto l’interdetto, e di Napoleone si potépoté parlare, e scrivere, e dirlo italiano, e averne ritratti, e ognuno ne volle in casa sua un’immagine di gesso, o a stampa, o dipinta. Si ricordava che quell’uomo aveva operato meraviglie, schiacciata l’Austria, dato a noi nuovo codice e principe non codardo; vivevano ancora molti che avevano combattuto le battaglie dell’impero, e le raccontavano; sicché i giornalisti non rifinivano mai di scriverne, e Cesare Malpica aveva quasi una monomania napoleonica, e sciorinava una serie di descrizioni di quelle grandi battaglie. Né questo scrivere guerresco dava ombra, anzi piaceva al Re, che si teneva un napoleoncino, e lasciava se ne sfogassero dopo tanti anni di silenzio, essendo già passato il pericolo, Napoleone morto da un pezzo, e gli scrittori non altro che parolai. Gli uomini di più tempo e cognizioni scrivevano nel Progresso, opera periodica nella quale rimane una parte del nostro sapere in quegli anni. Il ministro Santangelo faceva scrivere gli Annali Civili, opera non ispregevole, ma scritta da uomini che piegavano la scienza alla volontà del governo. In molte città di provincia si scrivevano altri giornali.


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Ricordanze della mia vita
Volume Primo
di Luigi Settembrini
pagine 271

   





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