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      ” “Trarrò profitto dagli studi che mi sono sempre piaciuti, e farò il letterato.” “È una povera professione e qui più povera che altrove.” “Mi contento di esser povero.” “Senti, figliuolo, tu farai quello che vorrai, ma tu non sai ancora quello che devi volere pel tuo meglio. Tu dovresti veder gente, conversare, ascoltare, parlare, farti conoscere, studiare un altro gran libro, che è il mondo, dove si trova sapere grande, e dove certamente troverai un’occupazione. Ci vedrai sciocchezze ancora, e birbonate, e tutto quello che vuoi, ma ricordati che la scienza è l’albero del bene e del male. Orsù, vieni con me, che debbo rendere una visita, ti presenterò ad un signore che ti potrà giovare.” “È un uomo dotto?” “È un uomo che sa vivere, ricco, molti amici, gran casa, gran conversazione, pranzi, balli, buon cuore, buona famiglia, ci viene mezzo Napoli: vedrai.”
      Andammo adunque a casa questo don Domenico, il quale ci ricevette con le braccia aperte e un fiume di parole, chiamando: “Mariantonia” con un vocione sonoro. Uscì la moglie donna Mariantonia, una grassona rugiadosa, butirosa, e contenta come una Pasqua, che sdraiatasi sopra un sofà, e fattomi sedere vicino a lei cominciò, come se ci conoscessimo da un pezzo, a dirmi tutti i fatti suoi, e a dimandarmi dei miei: mi presentò le sue figliuole che avevano belle maniere, e due visi freschi e grassocci come due crisomele; e mi disse che la prima andava pazza per la musica, e la seconda per la poesia e leggeva sempre il Metastasio. Indi a poco venne un prete grigio ma lindo, il quale era il cappellano di casa: poi sopraggiunsero altre signore e signori, e la brigata diventò numerosa.


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Ricordanze della mia vita
Volume Primo
di Luigi Settembrini
pagine 271

   





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