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      Udii dallo stesso Galluppi raccontare il modo ond’egli fu nominato professore. Il barone Pasquale Galluppi di Tropea, cittadella di Calabria, sosteneva la sua onesta povertà ed undici figliuoli con un ufficio di controllore nelle dogane. Le cure della famiglia e le noie dell’uffizio non lo toglievano da’ suoi studi filosofici, nei quali egli era sì assorto e si profondava tanto da non udire il diavoleto che gli facevano intorno un vespaio di fanciulli. Scrisse un Saggio critico su le conoscenze umane, che stampato in Messina, fu conosciuto poco in Italia, e levò alto il nome del Galluppi in Francia e in Germania. Essendo vacante la cattedra di filosofia nell’università, gli amici lo consigliarono e la sua coscienza lo persuase a chiederla. Venne in Napoli, andò dal ministro dell’interno, gli presentò il libro, e chiese la cattedra. Il ministro che non lo conosceva rispose: “Ben: vi cimenterete all’esame.” Ed egli: “E cu c’è a Napoli che po’ esaminari Pasquale Galluppi?” Il ministro si strinse nelle spalle, e l’accomiatò con un “vedremo”. La sera raccontò nel crocchio degli amici come un vecchietto calabrese e mezzo matto era andato a chiedergli la cattedra, e tutto ringalluzzito gli aveva detto non ci essere in Napoli chi potesse esaminarlo. Ci fu qualcuno che dimandò. “Fosse egli il Galluppi?” “Non ricordo il nome: leggetelo nel libro che mi ha dato.” “È desso, è il Galluppi, il primo filosofo vivente d’Italia”. Sua Eccellenza cadde dalle nuvole: s’informò da altri, udì lo stesso, e lo pregarono desse quest’ornamento all’università di Napoli.


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Ricordanze della mia vita
Volume Primo
di Luigi Settembrini
pagine 271

   





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