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      La chiesa di Roma udì quei consigli, tenne la religione come mezzo, adoperò forza, astuzia, delitti d’ogni specie, e fondò il suo stato in mezzo d’Italia. Ci vollero tre secoli di servitù straniera e clericale, ci volle un gran cumulo di scelleratezze nefande per agguagliarci tutti nel dolore e nella vergogna, per toglierci quel sentimento municipale che ci diede una personalità spiccata e ci tenne sempre divisi, fiacchi, e servi. Come il dolore ci fece risentire, e pensammo a riacquistare libertà, la prima forma che ci si presentò spontanea fu la repubblica, l’unità nazionale repubblicana una gran lega dei comuni. E questo fu il concetto rappresentato dal Mazzini, il quale non intese quanta è la potenza del papa, e credette di abbatterla come quella di ogni principe che è mandato via. Il Gioberti che l’intendeva, ma era poeta più che filosofo, propose la federazione dei principi italiani con a capo il papa. Oggi l’Italia ha trovato spontaneamente la sua forma politica nella monarchia, la quale sola può conservare l’unità: e l’unità d’Italia vuoi dire caduta immediata del potere temporale del papa, decadimento dello spirituale, mutamento certo nella coscienza dei popoli, trasformazione non pure del cattolicesimo ma del cristianesimo. Se l’Italia fosse repubblica non potrebbe essere che una federazione di repubbliche, delle quali più che la metà sarebbero del papa. Quando si era scolari la forma repubblicana piaceva perché spiccia e breve, poi non se ne vedeva altra possibile: ma rimanere ora a quella forma è rimanere scolari, e non intendere il valore che ha l’Italia unita non solamente per noi ma per tutta Europa anzi pel mondo, del quale l’Italia deve trasformar la coscienza.


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Ricordanze della mia vita
Volume Primo
di Luigi Settembrini
pagine 271

   





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