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      ”. Alcune voci dicevano adagio: “Hai udito? Chi può essere? Sarebbe anch’egli qui!” “Mi pare alla voce.” “Rispondigli, vediamo”. E una voce che riconobbi rispose anche in cantilena: “Ego sum quem quaeris, sed fac ut te noscam”. In latino, in francese, con parole mezze, con quel gergo che suol essere tra cospiratori e vecchi amici c’intendemmo benissimo. Seppi che egli era stato arrestato nella stessa notte dell’8 maggio, e con lui suo fratello Pasquale, un loro servitore, e quattro giovani studenti trovati per avventura in sua casa. “Siamo tutti sotto chiave, ciascuno in una stanza, e parliamo dalle finestre: io quassù ne ho due vicini: Pasquale, gli altri due, e il servo sono nell’altro lato del carcere.” “Siamo obbligati al successore di Melchisedec.” “Gli scariotti son due.” “Io mi chiamo Pietro e non conosco nessuno.” “Bene.” “Accordo e saldi; e se v’è di nuovo torneremo ai salmi.”
      Volevo più dire e sapere, ma udii un fracasso spaventevole, un correre, gridare, percuotere, aprire le porte, scendere persone a dirotta, mazzate, urli: “Scendi cane, tu l’hai ammazzato”. Io balzai a terra. Menarono nel primo trapasso un uomo, chiusero e andarono via. Il rinchiuso urlava come un furioso contro i custodi, e diceva: “Qui mi avete messo? e che sono reo di stato io, che mi mettete nel primo trapasso?” Dopo un gran tempestare di scomposte grida, non l’udii più, e forse si addormentò. L’altro giorno quando il custode aprì la porta fra i due trapassi, un giovane popolano fe’ capolino, e mi salutò cavandosi la berretta.


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Ricordanze della mia vita
Volume Primo
di Luigi Settembrini
pagine 271

   





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