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      ” “Come, è venuta?” “Sissignore, e attende il commessario per vedervi.” “Ed ha condotto mio figlio?” “L’ha condotto.” “Dunque io la vedrò?” “Se viene il commessario.” “E verrà il commessario?” “La signora dice che gliel’ha promesso. Verrà o manderà persona con suo ordine. Intanto preparatevi e state di buon animo.” Andato via il custode, io salii su la finestrella, e posi gli occhi su quel pezzetto di via che di là si vedeva, e che mena al carcere. Guardai fiso fiso per tre ore con un’angoscia mortale, e non iscorsi mai persona che paresse il commessario: dopo tre ore vidi una donna con un bambino, che andando via levarono gli occhi in alto. Li riconobbi, cacciai la mano fuori i cancelli, e li salutai: ella mi salutò con la mano, il bimbo andava guardando e salutava con la manina: la sentinella si avanzò; essi andarono via. Io mi gettai sul farto e piansi amaramente. Dopo un pezzo venne il custode a dirmi che ella se n’era andata perché non era venuto né il commessario né un suo ordine.
      Io mi sentivo un’ira terribile bollire nel petto, e ruggivo. “Tormentare me lo capisco, perché vi è un fine, ma far salire su questo monte una donna che è gravida di otto mesi e conduce seco un bambino, ed ingannarla, è un tormento senza scopo, è un insulto vigliacco. Oh, se mi fanno un altro insulto come questo, io darò di mano al commessario, e di me quel che sarà sarà. È meglio che ella non venga più a vedermi, che io non la vegga insultare, se no io mi perdo”. Pensai di scriverle che non cercasse di vedermi.


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Ricordanze della mia vita
Volume Primo
di Luigi Settembrini
pagine 271

   





Sissignore Andato Tormentare