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      Si parlò molto della ferrovia per le Puglie, ma non fu fatta mai. Alle Calabrie, agli Abruzzi, a la Sicilia non ci si pensava neppure: ed ora non le abbiamo ancora tutte, quantunque fummo i primi ad averne una.
      Saverio Bianchi mi chiese di leggere l’Iliade del Monti, ed io gli mandai il libro per mezzo del custode Liguoro. Non posso dire l’impressione che fece Omero su di lui. Egli era un uomo di trent’anni, di molta immaginativa, di caldo sentire, occupato sempre di caccia e di faccende di campagna, e leggendo la prima volta Omero per lunghe ore e senza distrazione se ne innamorò che pareva un matto. Ogni tanto lo sentivo dire: “Bello, stupendo, verissimo”, poi mi chiamava e diceva: “Senti, senti questo tratto”; e me lo recitava. I paragoni gli parevano bellissimi, e li imparava a mente: faceva osservazioni giudiziose ed acute, e una volta mi disse: “La morte di Ettore non è bella, Ettore muore come una volpe che quando non può più fuggire al cacciatore, gira intorno ad un albero per nascondersi”. Se il Bianchi sentiva tanto la bellezza d’Omero, che dovevano sentire i giovani greci quando udivano recitare nella loro bella lingua il poema dell’Iliade? Per un paio di settimane il Bianchi non sentì le angosce del carcere.
      Una mattina che io le sentiva tutte quelle angosce strazianti, udii di lontano una voce di donna che cantava soavemente, e mi parve come balsamo sovra una piaga. Si trovò ad entrare il Liguoro, ed io lo domanda: “Chi è che canta così bene?” “È mia figlia.” “E che canzone canta?


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Ricordanze della mia vita
Volume Primo
di Luigi Settembrini
pagine 271

   





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