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      ” Era loro disegno sorprendere gli uffiziali del presidio radunati a convito, ma questi avvisati si erano rifuggiti nella cittadella: onde essi corrono per la città, levano il rumore, combattono con valore disperato, feriscono il generale Busacca, ma sopraffatti dal numero maggiore si salvano tutti con la fuga, lasciando ai soldati di sfogare la rabbia su di un povero sartore che fu fucilato e un prete che fu straziato crudelmente. Nello stesso giorno in Reggio Domenico Romeo, suo fratello Giovanni Andrea, e molti loro figliuoli, nipoti, parenti ed amici scesero a Reggio, e levarono lo stesso grido: Federico Genovese, Domenico Muratori, i fratelli Agostino ed Antonio Plutino, il canonico Paolo Pellicano, Antonio Cimmino, Casimiro de Lieto, tra i primi cittadini di Reggio per autorità e ricchezze, si unirono ad essi, costrinsero ad arrendersi i soldati che presidiavano il castello comandati dal principe di Aci, disarmarono i gendarmi, s’impadronirono per tre dì del governo, diminuirono il prezzo del sale, cantarono il Te Deum, fecero feste, e si abbracciarono con tutti. Ma cominciò un certo scuoramento quando seppero fallito il moto di Messina. Ed ecco comparire due navi a vapore con soldati da sbarco comandate dal principe Luigi fratello del re. Alcuni proponevano salvare almeno l’onore, combattere, ed assalire i soldati quando sbarcavano confusi, barcollanti, nauseati: ma il cannone tuonava, e fu detto: “Tutto è finito, ritiriamoci”. Mentre il principe Luigi faceva trarre coi cannoni su le case della città, gli armati si dispersero e rifuggirono su le montagne d’Aspromonte, dove ebbero la caccia dalle guardie urbane e dai villani istigati e pagati dal general Nunziante, che proscriveva i capi del movimento, prometteva taglie a chi li pigliasse e diceva: “Date addosso a questi briganti, che si sono mossi per rubare e saccheggiare”. Vecchie arti di tirannide, ingannare gli sciocchi per opprimere i generosi.


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Ricordanze della mia vita
Volume Primo
di Luigi Settembrini
pagine 271

   





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