Pagina (198/271)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Ma il carcere non faceva più paura, neppure ai condannati, perché tutti sentivano e dicevano che così non poteva durare, e che un dì o l’altro aveva a mutare la scena; e si ripetevano le parole del Romeo: “Se io moro non vi scuorate, e andate innanzi”. Ma quando si seppe della morte di quei cinque giovani alcuni formarono un fiero disegno, assalire la carrozza del re, prenderlo e condurlo in luogo sicuro, o anche ucciderlo, e così cominciare la rivoluzione. Questi furono Vincenzo Mauro, un prete De Ninno, Giuseppe Lamenga, Giuseppe Scola capo di popolani, Vincenzo Dono, ed altri di cui non ricordo i nomi. Saputo che il re andava a Portici la domenica del 31 ottobre dopo il mezzodì lo aspettarono su la via della Marinella per dove la carrozza doveva passare, e dove speravano di avere aiuto dai popolani guidati da lo Scala. Vincenzo Mauro e prete De Ninno passeggiavano insieme accigliati e muti, e ogni tanto si rivolgevano per vedere se veniva. Aspettarono sino a sera, deliberarono di tornare un altro giorno: la notte sette di essi furono arrestati. Un tal Vito Matera di Albano in Basilicata gli aveva denunziati a la polizia; e per questo avviso il Re non uscì in quel giorno, e il fiero disegno non ebbe effetto. Chiusi nelle segrete di Santa Maria Apparente stettero saldi ai tormenti e a le promesse che lor faceva il commessario Campobasso, il quale non potendo indurli a confessare nulla, e vedendosi fallire tutte le sue arti poliziesche, disse: “Voi negate, ma io lo so pur troppo che volevate uccidere il nostro Re, il nostro padre amatissimo”. E cavandosi di tasca un fazzoletto piangeva e singhiozzava.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Ricordanze della mia vita
Volume Primo
di Luigi Settembrini
pagine 271

   





Romeo Vincenzo Mauro De Ninno Giuseppe Lamenga Giuseppe Scola Vincenzo Dono Portici Marinella Scala Mauro De Ninno Vito Matera Albano Basilicata Santa Maria Apparente Campobasso