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      Lo statuto era una copia anzi una traduzione della carta francese del 1830: il Bozzelli credette di aver scritto il codice di Solone che renderebbe lui immortale e il popolo felicissimo. La moltitudine senza discorrere altro, come udì pubblicata la legge che costituiva lo stato, prese a festeggiare, andarono innanzi la reggia, e quantunque cadesse gran pioggia, vollero vedere il re, e salutarlo: egli comparve sul gran balcone, circondato dalla famiglia, dai ministri, e dai nobili servitori con le dorate livree, e fece molti inchini al popolo plaudente. Poi lo vidi uscire in un carrozzino scoperto con a fianco la moglie, e guidava egli i cavalli, e salutava accennando col capo: il popolo gli si affollò intorno, volevano torre i cavalli e tirar la carrozza a mano, ma egli tutto fuoco nel volto con rabbiosa e paurosa impazienza, gridando “Lasciate,” e squassando le redini e flagellando i cavalli, si fece dar la via terribilmente, e corse per la città. Per tutta la via Toledo si vedevano carrozze e carri con sopra ogni condizione di persone che agitavano bandiere e gridavano: e tra gli altri su di un carro vedevasi don Michele Viscusi vestito da popolano tra dodici popolani che rappresentavo i dodici quartieri della città, e tenevano ciascuno un gran cartello sul quale era scritto il nome ed il vanto del quartiere14. La sera non interruppe le furiose feste ed il corso che durò gran parte della notte: i balconi tutti illuminati, i cittadini nei cocchi o a piedi agitavano torchi accesi, gridavano, si abbracciavano fra loro chiamandosi fratelli, abbracciavano soldati, gendarmi, birri.


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Ricordanze della mia vita
Volume Primo
di Luigi Settembrini
pagine 271

   





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