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      E i modi del chiedere erano furiosi, osceni, pazzi. Uno presentò al Ferretti una sua dimanda e la punta d’un pugnale e il Ferretti dovette prenderla, leggerla, e promettere di provvedervi. Una trista donna di quelle che facevano da spie al Del Carretto e vivevano scroccando sussidi dagli altri ministri, chiedeva danari al Vignali, e dicendo egli non potere dargliene, colei gli diede uno schiaffo. Fu arrestata, ma liberata subito, tornò al suo tristo mestiere. Tutti i ministri erano oppressi dalle petulanti e superbe dimande di uomini che parevano ubbriachi, e volevano essere uditi per forza, pretendevano tutto per forza, e credevano la libertà un banchetto a cui ciascuno dovesse sedere e farsi una scorpacciata. Salivano tutte le scale, strepitavano in tutte le case: era un’anarchia brutta: e non v’era uomo sennato di qualsivoglia opinione che non desiderasse di vedere un governo forte, e non quei ministri avvocati che chiacchierando sempre di legalità e di libertà, e avendo fede solo nelle chiacchiere, facevano andare ogni cosa a rotoli, e poi se ne spaventavano e davano le loro dimissioni, come fece il Ferretti a cui fu sostituito il Manna, e come fecero poi l’Imbriani per onorate cagioni, e il Ruggiero che si serbò a tempi migliori. Questa anarchia che il governo non sapeva frenare era mantenuta, favorita, stimolata da un potere occulto che poneva ostacoli ad ogni cosa. Coloro che più strepitavano erano dopo alcun tempo riconosciuti come agenti provocatori, arnesi della vecchia polizia, e poi divennero famosi nella reazione: uno di costoro fu Nicola Barone.


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Ricordanze della mia vita
Volume Primo
di Luigi Settembrini
pagine 271

   





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