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      La sua casa non ebbe altro danno che da una palla di cannone che portò via un pezzo di pilastro di marmo che è a destra del portone, il quale pezzo fu poi subito rimesso, e ancora si vede.
      In su l’ora tardi della notte, lasciati i fucili, uscimmo di là, ed io andando per vie buie e deserte, lasciato mio fratello Giovanni, tornai a casa dove mia moglie e i miei figliuoli mi aspettavano.
      Quella notte fu piena di angoscie. Nella città non appariva un lume, non si udiva una voce, pareva un sepolcro: era il silenzio della paura. Io avevo negli orecchi il grido di viva il re, e pensava: “Quanti saranno morti! E che sarà dimani? La plebe è sfrenata, assalirà le case, scannerà quanti troverà. E tutto questo per pochi stolti scapigliati che hanno voluto le barricate, non per combattere no, ma per ispaurire un uomo che era sdegnato, e aveva soldati e cannoni, e animo di Borbone, ed essi volevano farlo fuggire con le grida e le minacce. Gli hanno dato ciò che egli non aveva, la coscienza della sua forza: egli ci temeva, ora ci disprezza, perché ci ha veduti discordi, deboli, codardi. Hanno voluto fare la scimmia ai francesi, hanno creduto di far fuggire Ferdinando, come è fuggito Luigi Filippo. Volevate cacciarlo? ma un nemico non si caccia con le grida: dovevate preparare uomini, armi, ordini: chiamar genti dalle province, stabilire i comandi, pigliare i luoghi della città più acconci. Cento uomini bene ordinati e diretti avrebbero combattuto e vinto. Che fece Palermo! Che fece Milano! Che ha fatto Napoli?


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Ricordanze della mia vita
Volume Primo
di Luigi Settembrini
pagine 271

   





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