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      Ma non tutti." "Tutti ribaldi, o vili; il magistrato è il primo puntello della libertà, perché la giustizia è la prima virtù degli stati: e questi sono primi strumenti della nostra servitù." "Ma tante promesse, tante assicurazioni, tante proteste!" "Arte di legisti." "Vedremo."
      Mentre facevam questi discorsi udimmo su la volta della prigione un rumor grave come di seggioloni rimossi, e di un calpestio di più persone. "Son dessi," dicemmo, "ci stanno sul capo, e giudicano di noi. O se qualcuno dicesse loro che noi siam qui." La camera del consiglio sta propriamente su la stanza dove noi eravamo.
      Dopo alquanto tempo io prendendo una seggiola me la trovai rotta e disfatta tra le mani, e dissi sorridendo: "Brutto augurio questo per me". Filippo ricordò che c'eran brutti auguri per tutti, perché la sera precedente s'era rovesciato pel tavolino un candeliere d'olio. "L'ho rovesciato io," disse Faucitano, "e male per me solo." E Filippo ridendo: "Non dubitate, c'impiccheranno tutti". Ed io: "Oh, non s'è trovato ancora il campo per seminarvi quel canape che dovrà stringerci la gola". "Ma che uomo sei tu" mi disse Michele. "Ora parli di cattivi augùrii come una femminetta, ora sfidi la morte, e scherzi. Non sai che ora qui sopra si può formare il laccio per noi" "Bah! non sanno farlo: l'avrebber fatto prima: se lo fanno ora, si spezzerà nelle loro mani." "E se ci manderanno in galera?" "Il saggio sta bene in ogni luogo." "Ma neppure adesso vuoi finirla? Via, parliamo d'altro." Io aveva il maggior gusto del mondo a contraddire il caro Michele, e con istrane parole, e con qualche stravaganzella fargli venire un po' di stizza.


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356

   





Faucitano E Filippo Michele Michele