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      Io ti raccomando, o mio Dio, questa patria; dà senno a quelli che la reggono, fa che il mio sangue plachi tutte le ire e gli odii di parte, che sia l'ultimo sangue che sia sparso su questa terra desolata.
      Mia Gigia, io non posso più proseguire, perché temo che il cuore non mi vinca: io non so se potrò rivederti.
      Addio, o cara, o diletta, o adorata compagna delle mie sventure e della mia vita. Io non trovo più parole per consolarti, la mano comincia a tremarmi. Abbiti un bacio simile al primo bacio che ti diedi. Danne uno per me al mio Raffaello, uno alla mia Giulia, benedicili per me: ogni giorno, ogni sera che li benedirai, dirai loro che li benedico anch'io. Addio.
      Intanto dimandammo ai custodi se ci era permesso di rivedere le nostre famiglie un'altra volta: ci risposero, che non era permesso, ma che alcuni nostri parenti erano andati dal commessario per questo. Indi a poco si riapre la porta, ed ecco mio figlio Raffaele, che mi abbraccia e dice: "Sono stato io dal procurator generale, e gli ho chiesto di vedere mio padre, ed egli lo ha permesso". Entra mia moglie con la mia Giulietta, i miei fratelli, la moglie di Filippo, la moglie ed un figliuolo di Salvatore Faucitano ed un ispettore che ci dice: "Il permesso è per un quarto d'ora". Povere donne! con quante amorose parole ci confortarono ad aver coraggio, esse che ne avevan più bisogno di noi. Passò molto presto il quarto d'ora, diedi io stesso la lettera a mia moglie, le dissi alcuna mia volontà, abbracciai e benedissi i miei figliuoli.


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356

   





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