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      ASCIONE Vice cancelliere."
      Dopo la lettura io dissi: "Ringraziate la corte in nome di Luigi Settembrini". "Ringraziatela anche a nome di Agresti," rispose Filippo: e così dissero ancora il Faucitano, il Pironti, e gli altri. L'usciere andò via. Allora Filippo si tolse l'orologio e i denari che aveva in tasca, un anello che aveva al dito, diedelo a Michele e disse: "Darai questo alla mia povera Alina". Io gli diedi anche il mio orologio ed alcune monete, e lo pregai di darlo a mia moglie. O che momento fu quello! Michele piangendo a singhiozzi ci abbracciava, ci stringeva, diceva: "Luigi mio, Filippo mio, mio Salvatore, io voglio venire con voi, voglio morire con voi! perché mi hanno separato da voi?" E quando lasciava uno per abbracciar l'altro ci sentivamo stretti ed inondati di lagrime or da Vincenzo Esposito, or da Giuseppe Caprio, or da Emilio Mazza, che dicevano: "Perché soli tre a morte, e non tutti?" Io non so se i custodi o altra gente ci guardavano, e che sentivano: nessuno ci diceva alcuna cosa. Filippo disse a Michele: "Ricordati di te stesso, questo pianto sconviene". Io confortava il povero amico, confortava gli altri; ma poiché vidi che il dolore e le lagrime crescevano, e che qualcuno avrebbe potuto goderne, dissi al custode: "Apri. Addio Michele, addio tutti". E seguito dagli altri due entrai nell'estra-cappella. Erano due ore e mezzo dopo il mezzodì.
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      L'estra-cappella è una stanza oscura, che a destra ha la cappella chiusa da una porta, ed a sinistra prende lume da una stanzetta più alta, che ha una finestra sporgente nel cortile.


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356

   





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