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      Dunque ci hai messo in un criminale più oscuro, e fra tormenti più crudeli di prima: e tu sei buon governo? sei governo paterno e giusto? E se noi ci lamentiamo, ci chiami ribelli, cospiratori, repubblicani, ci fai accusare e condannare?" Disse Filippo: "Questi sono i nostri principii: queste cose che ora diciamo qui a voi, le abbiam dette sempre a tutti, e le diremo sino alla forca: e per questi desiderii siamo giunti a questo". Ed il custode: "Oh se tutti sapessero queste belle cose, quante disgrazie non sarebbero avvenute!" Ed io: "Ma chi non vuole farle sapere? chi non vuole che il popolo s'istruisca? chi vuole opprimerlo, e far tutto secondo suo capriccio? Aprite gli occhi, o miseri, ed almeno considerate perché moriamo, che volevamo e che abbiamo fatto: almeno che il nostro sangue giovi al nostro paese. Povero paese! io non so dove sarà condotto: e se fortuna per poco volgerà la ruota, quante vendette, qual'ira, quanto sangue, quanta desolazione! E perché? e per chi? Oh povero paese nostro!" Di queste cose parlammo assai: i custodi ed i chiamatori ci ascoltavano con attenta maraviglia, sospiravano, e dicevano: "Avete ragione".
      Dopo questa lezione di politica ne facemmo un'altra di morale. Venne un altro custode, giovane imberbe, che non aveva più di venti anni. Gli domandammo da quanto tempo era custode. "Da quattro mesi." "Hai soldo?" "Niente." "E come vivi?" "Con quello che mi regalano." "Cioè con quello che ti fai regalare, strappi dagl'infelici. E prima che arte facevi?


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356

   





Disse Filippo