Pagina (28/356)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Indi ad un poco udimmo entrar nel cortile una carrozza. Faucitano disse ad un chiamatore di guardare chi fosse: e quegli, poiché guardò alcun poco, disse che erano prigionieri venuti dalle provincie. Di poi sapemmo che in quella carrozza eran venuti da Santa Maria i carnefici, perché il carnefice di Napoli era morto da qualche mese.
      Le sera vennero due giovani custodi puliti e rispettosi. Con costoro parlammo di varie cose. Salvatore, che è uomo piacevolissimo e facondo napolitano, pieno di motti, narrò molte sue avventure, e cantò ancora un canzoncino mezzo tedesco. Filippo parlò de' suoi viaggi in Francia, in Inghilterra, in Ispagna, de' vari usi e costumi di quei paesi. I due custodi non si persuadevano come stavamo così sereni.
      Volemmo addormentarci. Io dopo una fiera lotta con i miei affetti e con le care memorie della mia famiglia, chiusi gli occhi; ma fui desto dolorosamente da un gran battere di ferri della finestra, fatto da un chiamatore da noi beneficato, il quale dacché eravamo entrati in cappella, non so se per zelo o per crudeltà, batteva con più forza. Filippo a un tratto si leva a sedere, e con una voce ed una stizza che mai la maggiore disse a quel tristo la più grande villania del mondo: "Siamo ferrati, siamo guardati a vista, e tu batti così crudelmente? Se dimani non mi taglieranno il capo, io ti romperò le braccia". Il chiamatore si nascose nella stanza oscura, i custodi rimasero balordi, e poi ci chiesero perdono per lui. Mi ricordai di Cesare tra i corsari.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356

   





Santa Maria Napoli Francia Inghilterra Ispagna Cesare