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      Egli si restrinse nelle spalle: ed io dissi:
      Povero Salvatore, ha sette figli!" Tutti stavano muti e mi guardavano. Poiché mi furon tolti i ferri, mi levai e dissi: "Finalmente son padrone delle mie gambe!" Venne Filippo portato in braccio da un chiamatore e fumando: gettò il sigaro, fu sferrato anch'egli, e non disse altro che: "Gli abiti sono indecenti, ma io non ci ho che fare". Il procurator generale ci fece rientrar nella stanza che prima occupavamo, e volle vederci rivestire de' nostri panni. Filippo disse che la chiave del suo baule l'aveva Vincenzo Esposito, che subito fu mandato a chiamare, e venne e senza badare ad altri ci abbracciò inondandoci di lagrime. Mentre Filippo si rivestiva, il procurator generale stringendo le labbra e dimenando il capo mi guardava fiso, ed io lui senza far motto. Non so che cosa allora sentiva e pensava, ma mi pareva commosso molto. Poiché ci vide rivestiti disse: "Per ora non posso dirvi nulla; spero di ritornare". Ci salutò ed andò via con tutti gli altri.
      Rimanemmo soli con Vincenzo, che non si saziava di abbracciarci e di piangere: e ci narrava il dolore de' compagni e specialmente del carissimo Michele quando ci dividemmo, e quando vide i nostri panni. "In tutto Napoli, in tutto il carcere si è pregato per voi: tutti i carcerati sono stati nella chiesa pregando e facendo voti ai santi: i più poveri si hanno venduto mezzo pane ed hanno comperato i ceri: ora si prega per don Salvatore." Queste parole ci fecero piangere di tenerezza, ed allora piangemmo la prima volta.


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356

   





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