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      Mi disse: "Sono stata a Caserta, coi figli, con Giuseppe e Vincenzo tuoi fratelli, con la signora Agresti, con la moglie e due figli di Faucitano. Tu me lo avevi vietato, ma io ho voluto andarvi: perché l'avvocato Marini-Serra andato per chieder grazia non fu ricevuto. Trovammo ordini severissimi del Re che non vuol vedere né ascoltare nessuno: andammo a Capua dal cardinale Cosenza, e quel santo uomo ci accolse come padre e come amico; e, perché malato, scrisse al Re, pregando per voi: e ci disse di dare la lettera al vescovo di Caserta per presentarla al Re. Andammo da questo vescovo che è anche un ottimo pastore ed acceso di carità, e questi andò subito a palazzo, ma neppure egli fu ricevuto: onde lasciata la lettera del cardinale ad un ciambellano, ci disse che sperassimo bene, e tornassimo in Napoli. Noi tornammo iersera, lasciando in Caserta tuo fratello prete Vincenzo, che è tornato stanotte recando la nuova della grazia. Questo si è fatto. Tu sei vivo: ringraziamo Iddio". Io mi sentivo scoppiare il petto. Vennero gli altri miei cari fratelli Giuseppe, Giovanni, Vincenzo. Venne il buon fratello di Filippo, e la moglie; la quale francescamente, o per dir meglio convulsamente sorridendo, abbracciò il marito e gli disse: "Mon ami, tu as sauvée la tête, a présent tout est rien". Allora sapemmo molte cose.
      Il 21 gennaio, cioè dieci giorni innanzi la decisione, il Re con un suo rescritto aveva disposto, che essendovi condanne di morte, se ne eseguisse la metà: se fossimo stati sei condannati a morte, quanti ne aveva richiesti il procurator generale, dovevamo morir tre; se quattro, due, se due, uno: e specialmente i capi; e non v'era speranza di grazia, non luogo a pietà ed a preghiere di chi avesse voluto pregare.


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356

   





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