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      Adunque,
      dimando a Vincenzo tuo fratello prete, "la decisione?" Egli risponde: "Che debbo dirti?" "Per carità," gli dissi, "dimmi, levami da queste angosce." Mi dice: "Luigi, Agresti, e Faucitano condannati a morte". "A morte!" gridai io, "ed è possibile questo? O scellerati magistrati, per non perdere la pagnotta si hanno bagnate le mani nel sangue di uomini troppo conosciuti per virtù e per morale!" Queste sole parole io dissi con poche lagrime, e poi non piansi mai più, che gli occhi ed il cuore mi si impietrarono, e non potetti piangere mai. La povera signora Agresti sedeva in un angolo della stanza e singhiozzava: il sacerdote zio delle signore, tuo fratello prete e Giovanni piangevano; piangeva Cecilia, piangeva sua madre, e la sorella presa da forte convulsione sbatteva e gridava, e nessuno poteva tenerla; i figli nostri, i cari figli nostri, piangevano e gridavano. La Giulia mi diceva: "Mamma, andiamo a vendicare papà: mammà, mammà, non ci fate morire papà: date a me un coltello: gli scellerati debbono morire, non papà mio che è un uomo giusto". Raffaello diceva: "Come noi resteremo senza padre? tra ventiquattro ore non avremo più padre? O padre mio, e che male avete fatto? perché dovete morire? O fate morire anche a me!" E tutti e due dicevano: "Mamma, andate a dire ai giudici che facessero morire noi, e salvassero papà nostro". O mio Luigi, io non posso dirti che cosa doveva soffrire il cuore di una madre nel sentire queste parole dai figli, e come io mi sentiva striturata dal dolore.


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356

   





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