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      Avendo perduti al giuoco ottantatré ducati, datigli per mandarli al padre, era forte turbato dal timore de' paterni rimproveri. La donna gli dimandò la cagione del turbamento, e saputo il vero, gli disse: non si affannasse; se egli era uomo, aveva coraggio ed un compagno, poteva avere non ottantré ma sessantamila ducati, che tra i suoi inquilini era il cavaliere S. vecchio ricchissimo, avaro, smemorato, solo; che ella lo aveva fatto rubar due volte da un servitore, ed egli non se ne era accorto; che ora potrebbero torgli ogni cosa sicuramente. Lo sciagurato giovine ascolta la malvagia femmina, parla e persuade un suo compagno, giovine anch'egli e di buone speranze: entrano nella stanza del vecchio, lo rubano, gli dànno di un pistello sul capo, e l'uccidono. Presi con la donna che confessò il fatto, giudicati e condannati a morte, ebbero per grazia la vita, e sono da vent'anni nell'ergastolo. Il bel giovane imbestiato in tutti i vizi che si possono immaginare, ubbriaco ogni dì, trema in tutte le membra: l'altro divenuto epilettico piange amaramente il suo fallo, il dolore e lo scorno della sua famiglia. Terribile esempio ai giovani. Un altro giovine gentiluomo abruzzese renduto deforme e cieco di un occhio dal vaiuolo, s'innamorò fieramente d'una donzella appartenente ad una famiglia, che, secondo avviene nei paeselli, era nemica della sua. Ottenne di essere riamato; ma non potendo vincere l'odio del padre della fanciulla, prese il feroce consiglio di farlo uccidere da due sicari, i quali seguendo loro costume


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356