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      A che può essere condotta la virtù sventurata! Uomini puri, che amarono il bene senza ambizione, essere costretti a servire gli assassini ed i parricidi! Noi dall'alta loggia dell'ergastolo con uno stringimento di cuore riguardiamo i nostri compagni di dolore strascinar pel cortile le pesanti catene: ed essi amorosamente ci salutano, e ci domandano un conforto, una speranza, che noi non abbiamo per noi stessi. I condannati politici son quasi i soli che vanno alla Chiesa, perché chi crede nella virtù crede in Dio, e sente che da lui solo avrà il premio delle azioni virtuose; per le quali questi uomini soffrono immeritatamente e trascinano le catene scellerate senza lamento, con dignitosa pazienza, con viva fede nell'avvenire, con accesa speranza, quantunque ignorati dal mondo, e compianti soltanto da pochi, che come essi piangono le lunghe sventure del nostro paese.
      Quando io entrai nella cella che mi fu destinata, volli conoscere coloro coi quali io doveva abitare: e questi mi narrarono ciascuno la sua vita ed i suoi delitti. Il primo è quel vecchio calabrese che ha 75 anni e trentacinque omicidi: magro, alto, diritto, parla rado ed assennato: dice che per ardore di gioventù commise il primo delitto, per necessità gli altri; che ora deve pagare il mal fatto e non lamentarsi: ha perduto moglie, figliuoli, parenti, aspetta tranquillamente la morte. Il secondo è un altro calabrese di un paesello presso Cosenza, co' capelli canuti, ma robusto come un toro, col braccio sinistro rotto a mezzo dell'omero e pendente sul petto.


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356

   





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