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      Ora disteso boccone a terra, ora dietro un albero, ei solo tien fronte a cinquanta nemici irritati e meravigliati di tanto ardire. Due soldati non visti lo assaltano di fianco, gli scaricano due fucilate, una palla gli porta via il moschetto e il dito indice della mano destra, gli vanno sopra per trapassarlo con le baionette; ma egli, benché disarmato e ferito, slanciasi, afferra con le mani le due baionette, le separa, le svia, e abbranca uno dei soldati per farsene scudo, e non morir solo. Sovraggiungono gli altri, che gli danno vari colpi in testa, sulla fronte, in una natica; e l'avrebbero disonestamente ucciso, se un caporale da lui ferito in una gamba, non l'avesse generosamente salvato e frenata l'ira soldatesca.
      Mutilato e sanguinoso, è trascinato in Castrovillari: e risanato dalle ferite, dopo due mesi, è gettato nel carcere di Cosenza; dove sempre lieto, sempre confidente, cantava, poetava, occhieggiava quante donne si volgevano al suo canto. Interrogato dal giudice, disse schiettamente il fatto com'era andato; e ripreso dall'avvocato che quella schiettezza lo perderebbe, rispose: "Oh era meglio mentire e disonorarmi?" La prima causa politica trattata innanzi la corte criminale di Cosenza, fu la causa sua e di Giovanni Pollara, giovane palermitano, al quale in un altro combattimento una palla tolse un occhio e metà del naso: ed ambedue furono dannati a morte. Con la scure sul collo, in mezzo ai più fecciosi assassini e nel più scellerato carcere, egli sperava, confidava, rideva, cantava, verseggiava, folleggiava giovanilmente e si compiaceva del dispetto che si avevano coloro che avevano pensato di atterrirlo.


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356

   





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