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      L'altr'ieri lo udii che chiamava a gran voce un ergastolano del pian terreno, e gli diceva: "Vedi, debbo dare un grano ad un vecchierello e non so chi sia: vedi tu, fa uscire tutti i vecchi". L'ergastolano non capiva, chiamava or uno, or un altro. Intanto ci fu persona che disse a Francesco: "Perché fai tanto rumore? Non ti è stato dimandato il grano, lo darai quando ti sarà dimandato". E Francesco prendendo un'aria grave rispose: "Non voglio esser dimandato quando debbo dare, e se si scorda egli, non debbo scordarmi io". Fu trovato il vecchierello, e gli fu gettata la moneta.
      Io non potrei mai descrivere a parola lo spasso che ci dà questo festevole e dabbene giovane quando ci narra le avventure della sua vita e le sue disgrazie con certe parole strane, con gesti, con atti, con tuono di voce indescrivibile. Quando egli parla si deve interpretar le parole, togliere le parentesi, e riordinare il discorso che comincia dalla coda e finisce al capo. "Io sono il Napoleone di Reggio," dice egli, "venite a Reggio, dimandate chi è Napoleone: e tutti vi risponderanno: 'È Francesco Bellantonio'. Nelle sassaiuole che facevano tutti i ragazzi sul lido del mare io era Napoleone." E qui mostra molte cicatrici che ha sul capo e sulla fronte per sassate ricevute. "Una volta la signora spagnuola padrona del nostro forno aveva una bella servetta, io le posi l'occhio addosso, ed essa mi rideva, passò qualche tempo, essa mi dava sempre parole. Una sera la signora ed essa sole sole passeggiavano su lo stradone della marina, io le vedo, mi salta un pensiero di rubarmi la criata, me la afferro tra le braccia, che pareva una piuma, e scappo, e me ne vo dietro certi scogli.


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356

   





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