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      Or va e studia, or va e pensa nell'ergastolo!
      Santo Stefano, 1 febbraio 1855.
      Sento una noia, un rincrescimento, una stizza che io stesso non so comprendere né spiegare. Lo studio mi disgusta, il far niente mi pesa, il conversare coi compagni mi dispiace, e non vorrei udirli parlare, non vorrei vederli; aborrisco tutti e me stesso, e tutto quello che è, che fu, che sarà. Da prima io era un uomo di buona pasta, ora sono di pasta di cantaridi: per nulla mi adiro, vo' sulle furie: mi sono renduto grave a tutti, insopportabile a me stesso. Oh! se potessi gettare su questa carta gli affanni che ho chiusi nel petto, se sapessi che queste carte non saran lette da nessuno, io scriverei parole di dolore grande, scoprirei piaghe profonde che mi vanno sino all'anima.
      Io non sono più uomo, ma la centesima parte di un uomo: il corpo è grave e stanco, nel capo non ho più lume ma una tenebra oscurissima, nel cuore molti squarci profondi e dolorosi che mi fanno male assai assai.
     
      Non son chi fui: di me perì gran parte,
      questo che avanza è sol languore e pianto
     
      Questo volevano: e l'hanno ottenuto: spegnermi l'intelletto, avvelenarmi il cuore, distruggere quel poco di buono che io avevo, e rimanermi il cattivo e il bestiale. Oh, ed io posso amare gli uomini? E son uomo io più? M'avete imbestiato, e volete che vi ami? Mi avete ucciso l'intelletto, mi avete spento questo caro lume della vita, e volete che io vi ami? Va, io non vi aborrisco, ma vi disprezzo. Siamo tutti una mistura sozza di moltissima sciocchezza, di alquanta malizia, e di poche goccioline di senno; tutti, non ne eccetto neppure quei gran savi che ti spaccano le più belle e tonde sentenze come se fosser melloni, e te le mostrano tenendole alte fra le mani, e gridando: "Ecco il senno, ecco il vero". Sapete che cosa è il vero?


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356

   





Stefano