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      E messo ad effetto facilmente lo scellerato pensiero, ed avuto il danaro uccidono il disgraziato giovane, il quale li conosceva quasi tutti, ed era stato compagno della fanciullezza. E questa è stata la cagione dello scellerato assassinio. Il buon giovane è stato compianto da quanti lo conoscevano, o n'hanno udito parlare.
      Il mio povero amico ha pianto a leggere la lunga e dolorosa lettera, ed ha fatto piangere anche me: ma egli già sapeva la sua disgrazia da un'altra breve e terribile lettera scritta ad uno suo paesano che è nell'ergastolo, dalla moglie. Ei non pianse a leggere quella lettera, ma lo vidi far pallido come un cadavere, impietrire gli occhi, stendere la mano quasi additando qualche cosa, e profferire certe parole albanesi. Ei vedeva le ossa del fratello, e quel teschio traforato e spezzato sotto il roveto; quelle ossa, ei mi dice, gli stanno sempre innanzi agli occhi. Gli fummo tutti intorno: ma chi poteva consolare quel dolore muto e profondo? Egli amava questo fratello tenerissimamente, egli m'aveva parlato tante volte della loro fanciullezza, della loro prima giovinezza, me lo aveva dipinto bello, amabile, ingenuo, semplice: m'aveva detto quante canzoni albanesi egli aveva composte per lui che la notte spesso andava cantando e facendo le serenate; mi aveva narrato come egli sposò una bella e cara fanciulla, la quale lo fece padre di una bambina e di un bambino, che si chiamano Marta e Lodovico, come si chiamavano il padre e la madre loro; mi aveva descritti tutti minutamente i riti di quel matrimonio, solennità che gli albanesi celebrano religiosamente con una certa poesia simbolica ed antica onde anch'io ho pianto la disgrazia di quell'onesto giovane, ed ho innanzi agli occhi quelle due creaturine, che Gennarino dice ora sono figliuoli suoi.


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Ricordanze della mia vita
Volume Secondo
di Luigi Settembrini
pagine 356

   





Marta Lodovico Gennarino